Foto di Stefano Spangaro - Cral Voltois

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Vita genuina di montagna ... Voltois UD

giovedì 9 ottobre 2008

Bruscitt fra storia e leggende


























Oggi vi do' una ricetta di Giuseppe Fontana, che e' stato uno dei piu' grandi chef del Savini tra il 1905 e 1929 e che scriveva le sue ricette in poesia (il suo libro si chiama "La cucina di Milano" ed e' stato stampato dalla Libreria Milanese).


I BRUSCITT de BUST

Nee Gina, te me mai faa i bruscitt bustòcch,
Te se nanca cos’inn? Te i insegni mi.

Fatt dà dal Nino becchee ‘n press a pòcchde mezz chilo de polpa

e fala inscì(se intend polpa magrissima de boeu).

Te la taiet giò gròssa mè i fasoeu,

te ghe gionted scigolla a tocchelitton fesin d’ai,

de laur on tre foeuj,mezz’etto de panscetta

a quadretitte in marmitta mettela giò a moeuiquatada de vin ross.

Dagh ‘na rugadae trala in d’on canton per ‘na giornada.

El dì adree in cassiroeula de misurate

i mettet su a coeus cont òli oliva butter bondant,

tuscòss a frecc e con curate ghe fe sugà su el vin a fiamma viva.

Bagnì asee de acqua e dagh el savorin con somenz de fenocc ligaa in d’on pezzorin. (pezzolina)

Messedì, quattei su e fai coeus lemm lemm.

Se vegnen succ tragh dent on mezz biccerde vin bon e nò acqua.

E vaa che insemmghe voeur on polentin còtt a dover.

E ti te ‘l sett giamò, che per primm piatt mi vorarò mangià polenta e latt.


TRADUZIONE (ci sarà qualche piccola imperfezione, non sono milanese doc ma di adozione da quando avevo 8 anni)


Nèè Gina, non mi hai mai fatto i bruscit bustocchi (di Busto Arsizio)
Non sai neppure cosa sono ? Ti insegno io
Fatti dare dal Nino il macellaio pressa poco
½ kg di polpa a falla così
(si intende polpa smagrissima di bue).
La tagli giù grossa come un fagiolo

Gli aggiungi cipolla a pezzetti
Una fesina di aglio, un 3 foglie di lauro
Mezz’etto di pancetta a quadrettino
E in marmitta metti il tutto a mollo
Coperto di vino rosso. Dagli una girata
E buttala in un angolo per una giornata

Il giorno appresso, in una casseruola di misura
Metti il tutto a cuocere con olio di oliva
Burro abbondante, tutto a freddo e con cura
Gli fai asciugare il vino a fiamma vivace..
Bagnali con acqua sufficiente e dagli il saporino
Con semenze di finocchio legati in una pezzolina.
Mescola e copri e fai cuocere piano piano
Se diventano asciutti buttaci dentro un mezzo
bicchiere di vino e non di acqua. E vai che insieme
ci vuole un polentino cotto a dovere.
E tu lo sai già che come primo piatto
vorrò mangiare polenta e latte.


Cosa sono i:
BRUSCITT DE BUSTÒC (16/10/04)

Queste notizie le avevo da Turismoverdelombardia

Bruscitt ovvero bruscolini, poiché la carne viene sminuzzata grossolanamente sul tagliere con il trinciante, in modo da ottenere pezzettini della grandezza di un fagiolo.

E' un piatto tipico di Busto Arsizio, e gli è accreditata una discutibile origine zingaresca. Accompagnati da una polenta o adagiati con il loro sugo su una fetta di pane di mistura, i bruscitt sono piatto unico.

Si gustano con vini rossi, asciutti e ben strutturati, affinati qualche anno in bottiglia: Buttafuoco dell'Oltrepò (per chi preferisce i vini briosi) o Cellatica del Bresciano.

STORIA

BRUSCìT E LA SUA STORIA
Questo pezzo di storia mi era stato passato da un’amica diverso tempo fa
I bruscitti sono un piatto tipico della cucina bustocca. Taluni lo attribuiscono alla tradizione culinaria tipica dell’altomilanese, ma mi permetto di dissentire. Al di fuori del circondario di Busto Arsizio, non è un piatto conosciuto. O per lo meno la ricetta non è quella della tradizione bustocca. Come lascia del resto supporre l’uso improprio del vocabolo bruscitt del dialetto varesino al posto del bustocco bruscitti.Volendo a tutti i costi giustificare l’origine del piatto, taluni lo fanno risalire all’utilizzo dei brandelli di carne che rimanevano attaccatti alle pelli da concia (in Busto Arsizio, nel medioevo, erano attive delle concerie). Mi sembra eccessivo. Personalmente, ritengo più plausibile un uso attento di tutte le parti delle bestie macellate, una spolpatura totale delle ossa, un recupero di quelle parti che venivano scartate dalle mense dei più abbienti. Allora la carne non si mangiava tutti i giorni e in ogni caso non si cucinavano certo tagli di prima scelta. I tagli pregiati, quelli che stanno "dietro la testa e prima della coda", erano destinati alla cucina dei ricchi. Ai più, restavano la testa, la coda, i piedini e le interiora non nobili, cioè la trippa, l’intestino e i polmoni.Talvolta si riusciva ad acquistare a buon prezzo quella parte di polpa ricca di connettivo e cartilagine, come il fusello o il geretto, che disossata e lardellata, dava origine a stracotti e stufati. Nel lesso, assieme a pezzi di carne finivano le ossa, da cui si staccavano attentamente le cartilagini per poi mangiarle con la polenta o con i fagioli. Nulla veniva buttato: ciò che non si poteva mangiare, veniva usato per produrre sugo (la pucia) in cui intingere pane o polenta.
E difatti per i bruscitti si utilizzavano parti come la fustela e il tampetu, parti muscolose, dure, che richiedono una lunga cottura. Anche qui sono sorte delle leggende metropolitane sul fatto che la carne venisse tagliata a pezzettini (bruscitti = briciole) con un coltello. E con che cosa se no? È ridicolo riproporre la ricetta dei bruscitti, scrivendo che la carne deve essere tagliata delle I bruscitti sono un piatto tipico della cucina bustocca. Taluni lo attribuiscono alla tradizione culinaria tipica dell’altomilanese, ma mi permetto di dissentire. Al di fuori del circondario di Busto Arsizio, non è un piatto conosciuto. O per lo meno la ricetta non è quella della tradizione bustocca. Come lascia del resto supporre l’uso improprio del vocabolo bruscitt del dialetto varesino al posto del bustocco bruscitti.Volendo a tutti i costi giustificare l’origine del piatto, taluni lo fanno risalire all’utilizzo dei brandelli di carne che rimanevano attaccatti alle pelli da concia (in Busto Arsizio, nel medioevo, erano attive delle concerie). Mi sembra eccessivo. Personalmente, ritengo più plausibile un uso attento di tutte le parti delle bestie macellate, una spolpatura totale delle ossa, un recupero di quelle parti che venivano scartate dalle mense dei più abbienti. Allora la carne non si mangiava tutti i giorni e in ogni caso non si cucinavano certo tagli di prima scelta. I tagli pregiati, quelli che stanno "dietro la testa e prima della coda", erano destinati alla cucina dei ricchi. Ai più, restavano la testa, la coda, i piedini e le interiora non nobili, cioè la trippa, l’intestino e i polmoni.Talvolta si riusciva ad acquistare a buon prezzo quella parte di polpa ricca di connettivo e cartilagine, come il fusello o il geretto, che disossata e lardellata, dava origine a stracotti e stufati. Nel lesso, assieme a pezzi di carne finivano le ossa, da cui si staccavano attentamente le cartilagini per poi mangiarle con la polenta o con i fagioli. Nulla veniva buttato: ciò che non si poteva mangiare, veniva usato per produrre sugo (la pucia) in cui intingere pane o polenta.
E difatti per i bruscitti si utilizzavano parti come la fustela e il tampetu, parti muscolose, dure, che richiedono una lunga cottura. Anche qui sono sorte delle leggende metropolitane sul fatto che la carne venisse tagliata a pezzettini (bruscitti = briciole) con un coltello. E con che cosa se no? È ridicolo riproporre la ricetta dei bruscitti, scrivendo che la carne deve essere tagliata delle dimensioni di un fagiolo con un coltello ben affilato. Primo, finiremmo tutti al pronto soccorso. Secondo, lasceremmo tutta la bontà della carne sul tagliere. E poi, chi compra più la carne dal macellaio? Chi conosce il tampetto, il fustello? Ecco allora una versione moderna ( la mia!) dei bruscitti.Comprate al supermercato della carne trita, dei semi di finocchio (versione moderna del finocchio selvatico o erbabonna) e del vino rosso corposo. In una pentola ponete del burro, aggiungete la carne, fate rosolare un attimo. Aggiungete dell’acqua sin quasi a coprire la carne, un dado e un sacchettino con i semi di finocchio. Regolate di sale e pepe. Fate cuocere a fuoco lento per una mezz’ora. Al termine verificate la consistenza: non devono essere né troppo asciutti né troppo acquosi. Aggiungete un bicchiere di vino (se volete), rimestolate e fatelo evaporare completamente. Quando non avvertite più il profumo del vino, i bruscitti sono pronti.
Mettete nei piatti una polenta calda e versatevi al centro i bruscitti. Al posto dei semi di finocchio si possono aggiungere dei chiodi di garofano e se non vi piace l’odore del vino, tralasciatelo pure. In circa tre quarti d’ora, avete preparato un ottimo piatto unico. Se poi volete gustare la versione ‘antica’ dei bruscitti, vi conviene fare un salto a Busto Arsizio e scegliere uno dei tanti ristoranti a cucina tipica. Dubito però che troviate la carne tagliata a ‘bruscitti’ a mano.Ma i bruscitti, sono anche un dolce. Ai famosi mostazzitt e cupett, dolci tipici di Busto Arsizio, di recente si è aggiunta una torta che nell’aspetto ricorda un piatto di polenta e bruscitti. Buonissima!
A Busto Arsizio ha poi sede il Magistero dei Bruscitti da Busti Grandi, un’associazione fondata nel 1975 che si prefigge di diffondere la conoscenza della cucina rustica bustocca. E chi meglio di loro può fornirci l’indirizzo di un buon ristorante bustocco dove gustare polenta e bruscitti? Se vi fidate, provate All’Antica Trattoria della Pesa, in piazza Colombo 1, oppure all’Osteria dul Tarlisu, via Ugo Foscolo, 2 o anche al Ristorante da Aristide e Fiore in via XX Settembre, 36.
Ad ogni modo se volete assaggiare un buon piatto di polenta e bruscitti, preparato secondo tradizione, fate un salto a Busto Arsizio Giovedì 29 Gennaio, il giorno della Gioeubia, quando una volta bruciata la vecchiaccia verrà offerto a tutti il tradizionale piatto bustocco.Lidia Zaffaroni (26/01/2004)

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