Foto di Stefano Spangaro - Cral Voltois

Foto di Stefano Spangaro - Cral Voltois
Vita genuina di montagna ... Voltois UD

giovedì 21 febbraio 2008

Brezel "nodi d'amore" biscotti

BREZEL "NODI d’AMORE" biscotti
250 g burro morbido
120 g zuchero a velo
100 g uova (è importante sgusciarle e pesarle)
450 g farina 0
1 bustina di cremor tartaro
Poca buccia di limone grattugiato
Nel Ken o a mano
Lavorare a crema il burro lasciato a temperatura ambiente con lo zucchero.
Senza interrompere, aggiungere le uova, il sale, la buccia di limone e il lievito
Con l’impasto, formare dei cordoncini grossi quanto un mignolo e intrecciarli con la forma dei Brezel.
Cuocere i biscotti nel forno preriscaldato a 185° per 12/15 minuti e appena cotti sfornarli.

Pomodori secchi a modo mio

POMODORI SECCHI a modo mio

200 g pomodori secchi
200 g mollica di pane raffermo
60 g pecorino
Capperi sotto sale
- In una ciotola mettere le foglie di prezzemolo lavate con l’aglio sbucciato,
senza germoglio verde e ben tritati insieme.
Dissalare i capperi sotto acqua corrente, asciugarli e tritarli grossolanamente.
Tritare la mollica di pane e mescolare insieme il pecorino grattugiato.
Aggiungere tutto al trito di aglio e prezzemolo, insaporire con una macinata di pepe e mescolare bene gli ingredienti.
- Portare a bollore 1 lt di acqua e immergere i pomodori per 3 minuti, devono
rimanere morbidi ma non disfatti.
Scolarli e asciugarli con carta da cucina.
Lavare le acciughe sotto acqua corrente per dissalarle, e togliere la testa e la
spina dorsale.
Versare l’olio in una padella e unire le acciughe, lasciandole sciogliere piano piano.
Versare l’olio con le acciughe nella ciotola con tutti gli altri ingredienti.
Mescolare e amalgamare bene.
- L’impasto così ottenuto, va messo a cucchiaiate in metà pomodoro asciutto.
Sovrapporre con l’altra metà del pomodoro.
Preparate un letto di insalata trevisana tagliata fine e condita con olio Evo,
senape, pepe e sale fine. Ben emulsionati con una forchetta e usatela per condire la trevisana.
Sopra al letto di trevisana adagiare i pomodorini farciti.












mercoledì 20 febbraio 2008

Cuor di polenta ai due colori

CUOR DI POLENTA AI DUE COLORI
E’ appena passato anche San Valentino, questa festa non la sento, è troppo commercializzata, ma per fare qualche cosa di diverso, ho preso lo spunto dal sito
www.meaculpa.it.
Siccome sono sprovvista di foto, vi metto sempre quella del sito ma non rispecchia la mia preparazione.
Per la cottura della polenta, vedere Basi per fare la Polenta.


CUOR DI POLENTA ai due colori

Cuor di polenta al Magor
MA
scarpone
GOR rgonzola
Farina di mais gialla (io uso la farina gialla fine ma ormai vado ad occhio)
200 g gorgonzola
50 g mascarpone
1 tazzina di latte
In un pentolino antiaderente versare il latte, il mascarpone e il gorgonzola tagliato a pezzettini.
Lasciar cuocere a fiamma bassa, finchè il gorgonzola si è sciolto e si è amalgamato bene al mascarpone.
Tenere in caldo.

Cuor di polenta alla montanara
Farina di mais bianca
250 g salsiccia sbriciolata
1 cucchiaino di concentrato di pomodoro
Vino bianco
Funghi secchi
In un tegamino antiaderente versare un poco di olio e la salsiccia sbriciolata.
Rosolare per bene e poi unire i funghi secchi (rinvenuti in acqua tiepida), con il concentrato di pomodoro sciolto nel vino.
Lasciar cuocere finchè il sughetto si è ristretto e tenere in caldo.

POLENTE
Preparare le polente separatamente e una volta cotte, versarle in due vassoi diversi.
Livellatele in uno strato alto un paio di centimetri.
Con lo stampo a forma di cuore, ritagliare i cuori che vi servono.

PRESENTAZIONE
Usare i piatti ovali.
In ogni piatto appoggiate 1 cuore giallo e uno bianco abbastanza vicini.
Su mezzo cuore giallo, dalla parte opposta al bianco, versare un poco di sugo al magor
Su mezzo cuore bianco, dalla parte opposta al giallo, versare un poco di sugo alla montanara

Polenta










LA STORIA DELLA POLENTA
La polenta è il cuore della casa veneta, il simbolo popolare della sua cucina; nel Veneto, si sono sperimentate tutte le variazioni gastronomiche possibili della polenta.
A Venezia esistevano dolci rustici, molto comuni, fatti con farina gialla prima della scoperta dell'America e a metà del XVI secolo, in Friuli, si fa la polenta con il "grano saraceno".
Queste due realtà ci inducono a pensare che il famoso mais (mahiz, lo chiama Colombo, imparando il termine degli indigeni dell'isola Hispaniola) sia arrivato nel Veneto attraverso i traffici veneziani con l'Oriente, in tempi remoti.
Le prime coltivazioni di mais si ebbero trent'anni dopo la scoperta dell'America, in Andalusia, per opera di agricoltori di origine araba che lo usavano come mangime per gli animali. Dal Golfo di Biscaglia, il mais si diffonde nel XVII secolo in tutta Europa, anche per la spinta che viene dai coloni americani, e si espande lungo una fascia precisa, attraverso la Spagna, la Francia, l'Italia, i Paesi danubiani, l'Ucraina, fino al Caucaso. Più a nord, il clima era troppo freddo, più a sud troppo secco. La preparazione è ovunque la stessa: si fa cuocere la farina gialla in acqua o brodo, vi si aggiunge, alla fine, burro, latte, formaggio, sughi e carne.Le attuali ricette della polenta impastizada, della polenta infasolà, della polenta onta, ecc., si rifanno a questo antico uso, derivato dalla maniera di preparare la puls romana.
La parola "polenta", infatti, conserva la sua origine latina, puls, plurale pultes. Allora, la polenta era fatta con il farro, un cereale più grosso e duro del comune frumento, e non offriva la consistenza della polenta di farina gialla. Si condiva con latte, formaggio, carne di agnello, oppure con salsa acida e maiale.
La puls era conosciuta in tutta l'area mediterranea e Apicio ci parla della puls punica, fatta con farina, formaggio fresco, miele e uova. Lo stesso autore ci riporta la preparazione delle pultes julianae, le polente friulane e venete con la spelta o il panico, con l'aggiunta di olio o latte, formaggio e sughi di carne.
Nel De honestate voluptate et valetudine del Platina, alla fine del XV secolo, ritroviamo la polenta di farro. La torta si otteneva mettendo in padella, in teglia, a strati, polenta e condimenti, con una "spolverata" di zucchero e acqua di rose.
La polenta di granoturco risolve subito i molti problemi alimentari delle popolazioni povere, fino a quando, nella metà del XVIII secolo, non apparve la pellagra, causata, si disse, dal continuo consumo di polenta. "Ci sono voluti decenni, si è dovuto arrivare a questo secolo prima di capire che la pellagra era conseguenza di una mancanza di vitamine" (Carnacina Buonassisi) e si riconobbe l'antica saggezza dei Maya e degli Incas, che avevano fatto del mais la base della loro alimentazione ma vi univano quanto vi mancava.
Tratto da:
Veneto.net "
La storia della polenta," testo tratto da La cucina tradizionale veneta di Dino Coltro Ed. Newton Compton.


POLENTA
Un po' di poesia sulla polenta:
“…la polenta non è solo vivanda; è paesaggio, memoria, offerta rituale. È un piccolo sole domestico che restituisce tutto il sole con cui in estate è cresciuta la pannocchia…
Né può essere consumata in solitudine poiché è cibo conviviale, da dividere in famiglia o con gli amici, perché non sopporta le piccole dimensioni, quasi vi fosse una legge non scritta tra proporzione e sapidità.
E del resto già nel prepararla si sviluppa intorno al fuoco un clima di eccitazione... e nonostante il nome così poco altisonante questo panettone dorato acquista ogni volta, appena versato sul tagliere rotondo, una forza ancestrale, uno splendore antico, una benedizione divina, come se ogni polenta arrivasse dalla notte dei tempi.
” Carlo Castellaneta


Nell'ottocento e novecento, i versi, anche illustri, si sprecano, basta pensare alla calda immagine del notissimo Arrigo Boito, che in un dialetto veneto ibrido descrive l'inizio della stupenda fusione tra l'acqua e la farina che par d'oro fin:...
principia l miràcolo... /
se vede de drénto /
levàrse una brómbola /
d'arzento, d'arzento; /
po subito n antra /
la vien a trovar /
e l aqua ne l fondo, /
scomìnzia a cantàr. /
La canta, la ronfa, /
la subia, la fuma, /
de qua la se s-giónfa, /
de la la se ingruma....
CURIOSITA':
L'elogio alla polenta di Arrigo Boito è stato scritto dal poeta sui tavoli del ristorante "Alla Corona" di Dolo, vicino a Venezia, ai piedi del secondo campanile veneto per altezza, dopo quello della Basilica di San Marco.


BASI per FARE la POLENTA
Ingredienti per ogni lt (litro) di acquaPolenta soda e asciutta: 300 gr. di farina di mais, salePolenta di media consistenza: 250 gr. di farina di mais, salePolenta morbida: 200 gr. di farina di mais, sale
Rimestare la polenta non comporta un gran sacrificio, la polenta deve anche riposare in modo che cuoccia bene e l'acqua si asciughi.Quando la rimesti con la mescola, dai il colpo finale come per spaccarla a metà, in questo modo la polenta cuoce meglio anche in mezzo e si amalgama omogeneamente.All'inizio lascio il fornello alto ... speta:- quando l'acqua salata è in ebollizione (ancora non bolle), metto la farina e contemporaneamente sbatto bene con la frusta a mano- appoggio sopra al paiolo la retina spargifiamma in modo che non schizzi in ogni dove- appena la farina si è ben gonfiata e di blob non ce ne sono più, tolgo la retina e do la prima mescolata- da qui parto a mescolare di tanto in tanto, dando sempre la spaccata che ti ho descritto, ogni volta che finisco di girare- il fuoco alto all'inizio serve per lasciar formare una bella crosticina sulle pareti del paiolo (e del resto se ci fai caso, anche quando il paiolo è immerso a metà nella cucina a legna, in principio il fuoco è alto e poi verso la fine mettono uno stecchetto ogni tanto)- lascio il fuoco alto per una ventina di minuti circa- la cottura avviene dai 45 minuti in su- trattandosi di un paiolo antiaderente, una volta capovolta la polenta sul tagliere, riesco, con le mani ad estrarre la crosta tutta intera che mi rimane a forma di paiolo.Molto spesso presento in tavola questa forma con dentro l’umido che ho preparato, facendo un figurone, ed è così che la presento ai miei amici in montagna.

martedì 19 febbraio 2008

Carnevale





















Carnevale, carnevale,
mascherine coriandoli. trombette e poesie.
Come si può lasciar passare il carnevale senza un dolcetto ?


Tacabanda allora ... poesia e dolcetto


I GUERRIERI DELL'ALLEGRIA
Viva i coriandoli di carnevale,
bombe di carta che non fanno male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell'allegria
si sparano in faccia risates
cacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate.
non servono infermieri
perché i feriti guariscono
con una caramella.
Guida l'assalto,
a passo di tarantella,
il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia:
tutti a nanna.
Sul guanciale
spicca come una medaglia
un coriandolo di Carnevale.
(G. Rodari)



GROPS di CHIASTIGNIS di GNAGNA CATARINA

Nodi di Castagne di Zia Catarina Crostoli di Zia di Castagne

300 gr di farina di castagne
200 gr di farina 00
100 gr di burro (ammorbidito fuori dal frigor)
1 uovo intero
1 albume
1 buccia di arancia o limone grattugiata
½ bicchiere di grappa
1 presa di sale sciolto in acqua tiepida
In una capace terrina sbattere il burro con l’uovo intero + l’albume, la buccia dell’arancia grattugiata, la grappa e il sale sciolto in poca acqua tiepida .
Mischiare le due farine per benino e aggiungerne un poco per volta in modo da amalgamare bene il tutto senza formare grumi.
Lavorare energicamente, sino ad ottenere un impasto omogeneo.
Stendere una sfoglia sottile, tagliare con la rondellina delle strisce della larghezza delle pappardelle e della lunghezza necessaria a formare un morbido nodo.
Friggere nello strutto caldissimo.
Sgocciolare ben bene sulla carta assorbente da cucina (cambiandola anche alcune volte e spolverare di zucchero a velo mischiato a cannella (a piacere)













BLECS di NARANSIS di GNAGNA di Rosy

Lenzuolini all’arancia di Zia

500 gr di farina
100 gr di burro (ammorbidito a temperatura ambiente)
1 uovo intero
1 albume
1 buccia di arancia grattugiata
½ bicchiere di grappa all’arancia
1 presa di sale sciolto in poca acqua tiepida
In una capace terrina sbattere il burro con l’uovo intero, l’albume, la buccia di arancia grattugiata, la grappa all’arancia e il sale sciolto in poca acqua tiepida.
Aggiungere poca farina per volta in modo da amalgamare bene il tutto senza formare grumi.
Lavorare energicamente, sino ad ottenere un impasto omogeneo.
Stendere una sfoglia sottile e tagliare con la rondellina dei lenzuolini di cm 5 per 12 circa.Nel mezzo del lenzuolino, praticare con la rondellina , un’apertura. Introdurre nell’apertura unaestremità del lenzuolino.
Friggere nello strutto caldissimo.
Sgocciolare molto bene sulla carta assorbente da cucina (cambiandola anche alcune volte e spolverare con lo zucchero.


*** GRAPPA all'ARANCIA di Rosy
Zia Catarina lava per bene le bucce delle prime arance (10) (usa solo la parte gialle e che i frutti non siano trattati) e 10 foglie ben lavate e asciugate.
Le mette in un vaso con 1 lt di buona grappa e lascia riposare al fresco sino a carnevale.
Filtra e ottiene così un’ottima grappa all’arancia.
Se non ne avete, potete mettere il Grand Marnier o altro liquore all’arancia.








Amico inseparabile


Di tutte le cianfrusaglie che ho in cucina, da questa non riuscirò mai a separarmi.
Fa tutto da sola, la trasformazione dei pesi, dei solidi e dei liquidi sono ben visibili.
Peccato che sia di vetro, ho sempre paura che possa rompersi.





























L'emozione del primo post

Non aspettatevi molto dal mio blog, sono appassionata di cucina e sono autoditatta, la mia scuola sono state le vicine di casa, che con santa pazienza mi insegnavano a cucinare, dal momento che a mia madre non piaceva per nulla stare ai fornelli.
Le mie vicine erano sarda, calabrese, istriana, cremonese, bergamasca e 4 milanesi, quindi dei miei primi rudimenti c'è un putpurì di diverse regioni, ecco perchè, se cercate qualche cosa di sofisticato, qui non lo trovate; ho imparato a mischiare gli ingredienti delle varie regioni e la mia cucina è molto casalinga.
Mi piace la storia dei cibi e per questo motivo sono sempre alla ricerca della storia delle ricette, di aneddoti, di chicche, che mi incuriosiscono e mi stimolano nella ricerca culinaria.
La macchina fotografica digitale, è da poco che ce l'ho e le ricette le arricchisco con qualche foto trovata sul web ... man mano saranno sostituite da foto originali mie, appena rifarò i piatti cucinati.Ora per iniziare inserisco una ricetta che incomincia adesso e che si gusta molto volentieri a Natale ... se siete capaci di stare lontani dal vaso.


RUMTOPF ai frutti del desiderio di Rosy
Si inizia molto presto con i primi piccoli frutti e si termina con l'uva settembrina

fragole
ribes
mirtilli
lamponi
more
ciliegie
nespole spellate e dencciolate
pesche
fichi sodi
uva
Si inizia con i primi frutti, fragole 1 cestino, preferibilmente frutti maturi e sodi, lavati e ben asciugati, si appoggiano sul fondo del vaso, si spolverano con 1 cucchiaio di zucchero e si coprono a filo con rhum o grappa di ottima qualità.
Man mano che è le stagioni ti regalano altri nuovi frutti, si aggiungono ai primi, e sempre 1 cestino per qualità più un cucchiaio di zucchero e si copre sempre a filo con rhum o grappa.
I frutti grandi, nespole, pesche e fichi, si tagliano a spicchi non troppo grandi.
Non metto mai troppo zucchero, diventa stucchevole; meglio poco, e se è il caso, i primi di novembre assaggio il liquido ed eventualmente ne aggiungo altro.
Il top di questa preparazione, è Natale, quando gli ingredienti si sono amalgamati tutti insieme. Serve come dessert, come correttore per una buona macedonia, sul gelato, oppure anche come decorazione sulle torte.
Riesco a salvare la Rumtopf se la preparo in montagna, così sono sicura che mettendo via gli ultimi frutti, mi resta sino a Natale quando torno lassù.

*** Il Rumtopf va assolutamente fatto con il rum (la parola significa pentola di rum).
E per di più con un rum a gradazione alcolica elevata: quello a 70°, difficilmente recuperabile in Italia.
Lo zucchero deve essere almeno la metà del peso della frutta.
In Germania è tradizione rimescolarlo (operazione da fare solo in quel momento!)e servirlo la prima domenica dell'Avvento.

*** Zucchero :
avevo provato questa dose, l'anno successivo l'ho diminuita a metà del peso della frutta, e poi l'ho diminuito ancora perchè la frutta è già zuccherina da sola.
In pratica arrivo a 1/4 del peso della frutta: 1/2 kg frutta (500 g) = 125 g zucchero.
In questo modo i miei lo mangiano senza brontolare per il sapore troppo dolciastro.
Ormai è tradizione farlo, l'anno scorso non l'ho preparato però ho sentito le mie; per quest'anno mi devo organizzare, perchè inizio a MI per finire di riempire il Rumtopf in montagna.