Bè è il secondo anno che le trovo in Carnia, alto Friuli ^___^ costano un botto e ne ho prese solo 4 per vedere di fare due muffins ... siccome si alterano presto, le ho messe in frigorifero, ma qualche toponOrso è passato a far visita e si è preso due peschine piccole ... e mò che faccio ??? vi scrivo la storia della pesca tabacchiera e domattina mi mangio le altre due ... prima di restare senza ^______^.
E pensare che volevo prepararmi i muffins per la colazione ^_____^ pazienza, le mangerò così nature, ma vi garantisco che hanno un profumo che era da tempo che non sentivo più.
PESCA TABACCHIERA o SATURNINA
Articolo
inserito da redazione
di
Mara Briganti.
Con
“tabacchiera” o “saturnina” si indica una rara varietà di pesche, la cui
produzione è tipica delle pendici dell’Etna, originaria in particolare delle
Valli del Simeto e dell'Alcantara. Il nome è dovuto alla forma, schiacciata sui
due lati, che ricorda proprio quella di una tabacchiera o del noto pianeta del
sistema solare. Sono molte le particolarità ed i pregi di questo frutto,
purtroppo di limitata diffusione. E’ una pesca di taglia medio piccola, ha
polpa bianca molto dolce e morbida. I tratti caratteristici sono il nocciolo
molto piccolo - più di quello di un'albicocca - ed il profumo intenso tipico
dei frutti appena colti e non sottoposti a trattamenti.
Storia
La
peschicoltura si diffuse sulle pendici dell’Etna ad iniziò 800 quando si
conclusero i privilegi feudali, grazie all’approvazione della Costituzione del
1812. Fino a quel momento ai conduttori dei latifondi non era mai stata
permessa la coltivazione arborea. Fu poi la riforma agraria del 1950 a dare la
svolta definitiva all’economia siciliana sostituendo le colture annuali con
quelle perenni. Ed ecco che sulle pendici dell’Etna, vicini dei famosissimi
pistacchi di Bronte, incominciano a crescere altri prelibati frutti, come le
pesche saturnine. Furono gli amministratori di una delle proprietà storiche
della zona, la Ducea di Maniace, ad essere particolarmente attivi nell’opera di
sperimentazione di nuovi cultivar di frutta e a scoprire nella pesca tabacchiera
una delle più adatte al microclima etneo. La zona, già nota per essere stata
donata nel 1799 da Ferdinando di Borbone all’ammiraglio inglese Orazio Nelson,
come ricompensa dell’aiuto fornito per stroncare la rivoluzione di Napoli, si
rivelò subito vocata alla frutticultura. Grazie ai suoi terreni ben drenati,
l’abbondanza d’acqua e l’escursione termica del territorio le pesche
risultarono buonissime e conquistarono subito il favore degli abitanti locali.
Da diversi anni questa prelibatezza siciliana è diventata presidioSlow Food,
con l’obiettivo di aiutarne la difficoltosa commercializzazione e preservarla
dalle contaminazioni dell’agricoltura moderna.
Dove
si trova
Per
quanto buono e ricercato questo frutto è davvero una rarità. Non temete:
trovare le pesche tabacchiere è difficile ma non impossibile! Nonostante questa
cultura abbia origine sulle pendici dell’Etna, oggi la si coltiva, a livello
amatoriale, anche in alcune parti dell’Italia del Nord, soprattutto in Romagna.
La sua area di produzione tradizionale comprende i Comuni di Adrano,
Biancavilla, Bronte, Maniace, Mojo Alcantara e Roccella Veldemone. Vi avverto
però: quando la si trova al supermercato o dal fruttivendolo di fiducia, dopo
la sorpresa, la prima variante che attira l’attenzione è il prezzo,
giustificato, ma decisamente più alto della media. La distribuzione della pesca
tabacchiera non è semplice. E’ innanzitutto un prodotto di nicchia, poco
conosciuto la cui richiesta di mercato è bassa e la produzione di conseguenza
limitata. Può conservarsi per soli 2 o 3 giorni dopo la raccolta. Infine, la
forma caratteristica mal si adatta agli imballaggi tradizionali per le pesche.
In ogni caso sfido chiunque l’abbia assaggiata a dire che non ne vale la
pena...
A
tavola
Si
consiglia di consumarla fresca per gustarla al meglio. E’ utilizzata anche
dall’industria dolciaria per fare ottime granite e gelati. Sono inoltre stati
ideati alcuni trasformati di qualità al fine di diffondere la conoscenza del
frutto senza sottostare all’obbligo delle scadenze e agli ostacoli di
trasporto. In una piccola azienda dedita all’agricoltura biologica a Giarre,
Carlo Limone da anni si impegna a convertire la sua frutta in confetture e
marmellate, per evitarne lo spreco. Un certo riguardo è stato portato nei
confronti delle pesche tabacchiere, in modo da mantenere la stessa bontà del
prodotto fresco anche in marmellate, liquori, e nella conservazione sotto
sciroppo.