Domani è San Giorgio, ... tanti auguri a tutti i Giorgio che mi leggono.Vi scrivo un pezzetto di storia che mi è piaciuta molto e che spero interessi anche a voi.SAN GIORGIO protettore dei Lattai e la “panerada”
Era tradizione milanese che il 24 aprila, San Giorgio, si celebrasse la festa dei lattai che, per onorare il loro patrono, ornavano i loro negozi con lunghi rami di pioppo ed esponevano l’altarino del Santo.
A San Giorgio iniziava l’annata casearia, si stipulavano i contratti del latte e del formaggi.
A questa tradizione, diffusa in tutta la Lombardia, si affiancava l’usanza, ai tempi dei nostri nonni, di celebrare la “panerada”.
I nostri vecchi uscivano dalla città e andavano nelle osterie del suburbio milanese a degustare la “panera” (fior di latte), “el pan de mein” /pane di farina di granoturco, e la “panigada” (fior di sambuco e zucchero).
Gusti e tradizioni scomparse simbolo di un modo di vivere d’altri tempi, però curioso, simpatico, una fotografia in più nel nostro album di famiglia.
Non c’è più questa tradizione, ma non c’è più nemmeno il San Giorgio nell’edicola votiva: con la dismissione della Centrale del Latte di Milano.
Infatti sul muro di cinta, lato est, della Centrale del Latte, nella sua storica sede, in Via Castelbarco, vicino all’Università Bocconi, vi era, da sempre, una “edicola votiva” ben protetta da un vetro con l’immagine in bassorilievo, di un bel San Giorgio che uccideva il drago, da sempre considerato il protettore dei Lattai.
Fortunatamente l’”edicola votiva” non è sparita del tutto, si trova presso la Centrale di Milano acquisita dalla Granarolo e di recente trasferita a Pasturago di Vernate. (la vecchia sede della Centrale del Latte, è disponibile per futuri progetti del Comune di Milano).
La Granarolo si è impegnata a restituire “l’edicola votiva” se verrà collocata presso l’Università Bocconi di Via Castelbarco, o in altro luogo individuato dal Comune di Milano, per restituirla ai milanesi.
La sorte vuole che questa volta la scomparsa sembra perlomeno giustificata, però è un peccato, pensando a tutti i bergamini e lattai milanesi che per generazioni riferivano al San Giorgio della Centrale del Latte di Milano.
Un altro pezzettino di storia che scompare in questa città troppo distratta, a meno che il Comune di Milano abbia un ripensamento e voglia riappropriarsi e ricollocarla a ricordo di un luogo che è appartenuto alla storia di Milano.
dal giornalino IL DICIOTTO scritto da M.P. –
Mensile di informazione e cultura per la zona 7 info°ildiciotto.it
LA PANERADA
Una delle più sentite tradizioni della vita milanese era la Panerada, quando, in famiglia e fuori si gustava il pan mein, aromatizzato con i fiori di sanbuco intinto nella panera Una tradizione che si ripeteva ogni anno nel giorno di San Giorgio che nel rito ambrosiano cade il 23 aprile e nel romano cade il 24 aprile.
Una tradizione rispettata dai lattai che regalavano ai clienti la panna per mangiarla col pan de mej, così come i fornai regalavano il panettone a Natale. Gentili usanze finite con la grande guerra! E' durato fino agli anni '60 l'uso della panerata" alla Società del Giardino nel giorno di San Giorgio.Rimase nell'uso, che probabilmente data dall'inizio dei contratti annui per la fornitura di latte e panna fra mandriani (i bergamini) e lattai, di mangiarlo con la panna per solennizzare l'avvenimento, che cadeva il giorno di San Giorgio, quando fiorisce il sambuco e le mandrie lasciano la pianura per i pascoli montani.L'uso è di tutto il contado milanese e in Milano stessa perché le mandrie, dette "bergamine", erano alloggiate anche in città perché la fornitura di latte fosse più immediata e il latte più fresco.
La via Bergamini presso l'Ospedale Maggiore fondato da Bianca Maria e Francesco Sforza (ora sede dell'Università) si chiama così perché lì vi erano le stalle delle mandrie che fornivano il latte agli ammalati dell'Ospedale. Le strutture in legno durarono sino alle cinque giornate del '48, quando il popolo le tolse per farne barricate, e non furono più sostituite.Col tempo la ricetta del pane si trasformò leggermente: al posto della farina di miglio, si mise il granturco e, per mangiarlo con la pannera, si aggiunse lo zucchero e si profumò col fior di sambuco. Era il pan de mej" dolce, detto anche "pan d'angiol".
Nella tradizione alpina le mandrie salivano all'alpeggio nel giorno di San Giorgio, guidate dai bergamini, mandriani appiedati, che prendevano il nome dalle valli bergamasche dove si compiva la transumanza. Prima di partire con le loro mandrie, dette "bergamine ", per l'alpeggio, i bergamini stipulavano i contratti con i lattai celebrando l'avvenimento con solenni mangiate di panna (panera) nella quale intingevano il pane di miglio (pan mein) aromatizzato con i fiori di sambuco sbocciati in quel periodo dell'anno.I milanesi continuarono a celebrare la panerada ogni anno in famiglia e fuori.
Le mandrie scendevano dall'alpeggio a fine novembre, e più esattamente il 25, giorno di Santa Caterina, da cui il detto " a santa Caterina la vacca la va in cassina Alcune mandrie entravano in città dove sostavano vicino al grandioso edificio voluto da Francesco Sforza nel 1456 per riunire un'unica istituzione le case ospedaliere disseminate nella città. la Ca' Granda, ora sede dell'Università Statale, I bergamini fornivano ai degenti del vicino ospedale il latte fresco delle vacche custodite nelle baracche in legno erette nella via che, ancor oggi, porta il nome di via Bergamini. Le stalle durarono fino al 1848, quando gli insorti utilizzarono il legname di cui erano composte, per fabbricare le barricate delle Cinque Giornate di Milano.
Un'altra versione, più cruenta, ricorda un episodio di storia milanese risalente al 1339, quando Luchino Visconti liberò i casai del contado da un feroce brigante.I superstiti della Società di San Giorgio composta da tremila cavalieri scaligeri e veneziani sconfitti da Luchino Visconti alla battaglia di Parabiago, presero a taglieggiare i contadini della plaga milanese.
Stanco delle continue scorrerie, Luchino Visconti, Signore di Milano, affrontò la banda capeggiata da Vione Squilletti sulle sponde della Vettabbia, la disperse e ne uccise il capo riportando la pace fra i casari delle cascine che sorgevano alle porte di Milano. Per esternare la loro riconoscenza, i casari offrirono ai soldati la panna e il pane dí miglio nell'osteria il cui proprietario ritenne opportuno celebrare l'avvenimento tracciando sulla facciata del suo locale la scritta" Qui morì Vione" dalla quale derivò il nome del sobborgo milanese "Morivione", appena fuori Porta Lodovica.
La passione dei milanesi per la "panera" aveva indotto il poeta greco-veneziano Ugo Foscolo a definire "Paneropoli" Milano per ritorsione contro il pubblico milanese che aveva coperto di fischi la prima rappresentazione della tragedia "Aiace" alla Scala affossandola definitivamente in un coro di sonore risate esplose alla battuta infelice "Oh, Salamini!" che l'eroe rivolge ai combattenti di Salamina ma che suonava come un'invocazione a succulenti insaccati, per cui il Foscolo rincarò la dose appioppando a Milano il titolo di "Porcopoli".
Ma tant'è ! si assiste da sempre alla ritorsione inspiegabile di quanti ricambiano con insulti il successo che cercano trovano a Milano.
Già nel 1815 Carlo Porta nella sua ode " A certi forestieri che vivono a Milano e che ne sparlano" rimproverava, con parole molto colorite, i forestieri che, entrati a Milano con il fagottino sotto l'ascella, si erano riscaldati vicino ai busecconi che poi dileggiavano.
Giovanni Staccotti
Per la ricetta de: il Pan de Mej - vedi categoria dolciper la descrizione e consigli del formaggio: Panerone - vedi categoria formaggi