Era il momento dell'imbastitura: affinché la stoffa rimanesse unita, appoggiavo lo stampo, puntandolo con degli spilli, sul pacchetto di stoffa.
Con il “tajo scarpets”, una specie di coltello affilatissimo, con singolare abilità tagliavo la stoffa lungo il profilo.
La suola era pronta per essere cucita a punti fittissimi; operazione faticosa che richiedeva dita forti e mani sicure, per far passare lo spago, impastato ripetutamente nella cera d'api, da un lato all'altro della suola.
Procedevo, poi, con la tomaia: la parte esterna, che tradizionalmente era di velluto nero, era foderata da tessuti resistenti, ripassati nelle cuciture e con l'orlo profilato da una fettuccia di lana nera o rossa.
... le donne di Paularo, nella valle del Chiarsò, abbellivano la tomaia con fiori ricamati, un mughetto, una viola, ma io, della Valle del But, li facevo così...semplici, senza motivi floreali, come nella tradizione carnica.
I scarpets per tutti i giorni non erano di velluto, troppo costoso, ma di panno o tessuti grezzi e la pianta veniva rinforzata con un triangolo di colore diverso, “il puntal”, poi cucito a punto crocetta con lana colorata.
Poi univo la tomaia alla suola, aggiungendo una cordella robusta, cucivo con un ago dalla punta triangolare e tagliente con uno spago di canapa, praticando nella suola con il sobillo, una specie di punteruolo, alcuni fori, per far scorrere meglio l'ago e lo spago.
I scarpets erano pronti.
Se erano per i bambini aggiungevo una fettuccia di velluto, cucita ad un'estremità e abbottonata all'altra, così gli scarpets restavano ben saldi al piede.
Durante le guerre i scarpets erano merce di scambio per procurarsi il cibo.
22 commenti:
Che belli i scarpez! Io li uso tuttora, me li sono portati in Australia e anche se ormai sono piuttosto consumati, restano sempre comodissimi!
Mi piacerebbe molto imparare a farli, pensi che la tua amica Anna potrebbe insegnarmi? (non so come e quando, ma questo viene dopo. Sarei già contenta di aver trovato un'insegnante!). Amo le tradizioni della mia terra e anche farmi le cose da me, quindi tutto quel che posso imparare imparo..:-)
Buona giornata!
Me la sono persa! E' una trasmissione che guardiamo spesso. Buon lunedì Rosetta cara
mi sono persa questa cosa! Sai che mia nonna li faceva sempre?
faceva delle suole di gomma, o le comprava già fatte da un omino che passava in tutti i paesi, e poi le cuciva e ne impunturava la suola con un filo talmente grosso che sembrava spago....
Grazie Rosetta, per essere più friulana di me....
In effetti sono molto belli, ma richiedono tanta pazienza e parecchio tempo che solo le donne carniche avevano nelle lunghe serate d'inverno davanti al fogolar.
Mandi
L'ho persa anch'io Fabi e mi è dispiaciuto parecchio.
Mandi
Anche mia suocera li faceva, mio suocero teneva i copertoni delle biciclette, li ritagliava e mia suocera li appiccicava.
Mandi
proprio uguali a quelli di mia nonna, che viveva in pianura....mi hai fatto ricordare dei copertoni delle bici...ne avevo un paio fatti con quelli.....la tomaia era nera a fiorellini, residuo di un suo vecchio grembiule....
che nostalgia Rosetta! E che bello se si conservano e tramandano queste tradizioni...
Sì Giuliana le tradizioni sono da tramandare ... ma ci sono paesi e zone dove non fanno nulla per tenerle vive.
Io amo la Carnia, amo il paese di mio marito e ho persino imparato a parlare il friulano,
Mandi
Mi dispiace aver perso la trasmissione, mi piace proprio perchè riscoprono i lavori di una volta che sarebbe un peccato dimenticare.
grazie per tutte le informazioni! La prima volta li ho visti in un negozio in piena Venezia e poi in un mercatino in Austria, ma non so se fossero quelli originali. Certo è che la necessità aguzza sempre l'ingegno e con poche e povere cose si creavano piccoli tesori. Se ne creano ancora ma pochi purtroppo.
Buona serata carissima
Sempre molto interessanti i tuoi post, e' un piacere venire a trovarti! Che bei scarpet:-) baci
peccato che mi sia persa questa puntata, avrei tanto voluta vederla ; sono stata solo una volta a Forni di Sopra, mentre in un'altra occasione ricordo che i bambini delle elementari di Forni di Sopra vennero a trovarci a Staranzano ed io ed un'altra compagna eravamo stati scelti dalla nostra scuola per accompagnarli all'Isola della Cona, che bei ricordi mi hai fatto tornare in mente !!
Un abbraccio !
Elisa, anch'io purtroppo ho perso la trasmissione, ma fortunatamente so come si fa a farli per aver visto mia suocera.
Mandi
Fabi, una volta la necessità aguzzava proprio l'ingegno, e quante belle cose facevano.
Mandi
Ombretta, vieni a trovarmi più spesso
Mandi
Pasticciona, sono molto contenta di averti fatto ritornare indietro nel tempo.
Mandi
Rosetta, mi ha fatto venire in mente la zia di mio marito che le faceva e la mamma del mio santolo che ci procurava "papusse" da noi si chiamavano così, color rosso per tutti!!
Bacioni!!
Credo ci si dovrebbe inchinare con rispetto davanti alla laboriosità delle donne di quei tempi: dopo una giornata di fatica passata nei campi o in fabbrica, non se ne stavano con le mani in mano neanche di sera. Bellissime queste scarpette friulane. Grazie di averci fatto conoscere, attraverso il racconto della nonna di Marta,tutta la procedura per confezionarle.
Peccato che non ci sia più nessuno che te le prepara Titti
Mandi
Di fabbriche nei paesini di alta montagna non ce n'erano Eugenia.
Finito il lavoro nei campi e finito di governare (spesso) una sola mucca nella stalla, c'era la cena.
Poi le donne andavano al caldo nella stalla a cucire o a sferruzzare e gli uomini intagliavano cucchiai du legno, scodelle e altro che serviva per la casa.
Mandi
Parlavo delle donne in generale riferite a quei tempi. Dalle mie parti, fino agli anni Cinquanta, c'erano le filande e le tessiture. Le donne, dopo aver lavorato tutto il giorno, la sera si dedicavano al rammendo o alla maglia.
Ciao
Dimenticavo che dalle nostre parti c'era questa alternativa.
Un tempo la tele non esisteva e le donne non erano distratte da programmi più o meno allegri.
Anche questo contribuiva a stimolare la donna a dedicarsi di più ai lavori femminili che erano un'esigenza di quei tempi.
Mandi
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