Foto di Stefano Spangaro - Cral Voltois

Foto di Stefano Spangaro - Cral Voltois
Vita genuina di montagna ... Voltois UD

lunedì 29 aprile 2013

Leggenda di Voltois - Malocchio

Come già detto, Libera del blog Accantoalcamino mi ha fatto conoscere le fiabe e leggende della Carnia, scritte da Raffaella Cargnelutti.
Ho trovato e acquistato il libro e ora vi faccio conoscere quelle che riguardano questa zona.
In fondo trovate tutte le coordinate di quelle già pubblicate e ora vi racconto la leggenda di Voltois, un gioiellino di fronte al nostro paese ... ci separa solo il fiume Lumiei che un tempo scorreva tranquillo a valle e da una cinquantina di anni imbrigliato nella diga di Sauris più a monte.


In questa foto vedete il fiume Lumiei che divide Ampezzo sulla destra e oltris a sinistra, poco più su Voltois


Foto di Voltois, frazioncina molto piccola ma pittoresca, da vedere sopratutto in primavera e in estate, quando un tripudio di fiori sgargianti rallegra le poche case che hanno mantenuto la vecchia tradizione, nonostante le ristrutturazioni. Vale la pena visitarlo, e se vi fate una salutare passeggiata da Ampezzo fin lassù, godrete veramente di aria pulita e rigeneratrice.


Questa è Ampezzo e sullo sfondo oltris con tante case, di Voltois si vede solo la casa bianca che sembra isolata, nascosto dagli alberi ci sono le case che vi ho descritto.

Ed ora la leggenda di Voltois e se non vi annoiate troppo,  alla fine vi propongo alcune foto paesino prese dal   web che meritano di essere viste.

 I miei nipotini londinini, hanno sentito queste favole a Pasqua ed erano entusiasti ... Marcolino mi ha raccomandato di ricordarmele per quando torna che le vuole sentire ancora, spero che piacciano anche ai vostri nipotini.


MALOCCHIO
 copiato integralmente dal libro:
fiabe e leggende della Carnia, scritte da Raffaella Cargnelutti.

Una volta, nel paese di Voltois, frazione di Ampezzo, a ridosso del bosco, c’era una casa piccola piccola con i muri scrostati e i camini cadenti.
Era nascosta da piante secolari, avvolta da una fitta edera, con numerose ragnatele che correvano tutto attorno.
La notte, poi dicevano che nugoli di pipistrelli volassero sul tetto di quella stamberga, dove vivevano due donne un po’ strane che, a detta di molti, erano streghe.
La gente passava malvolentieri da quelle parti e i bambini del borgo erano stati più e più volte raccomandati di tenersi lontani da quel luovo sinistro.
Non molto distante c’era un casolare, dove abitava una coppia che era stata allietata in tarda età dalla nascita di un figlio:  Rino si chiamava il bambino tanto atteso.
La mamma lo aveva messo in guardia: “tieniti lontano da quella casa. Dicono che ci abitano due streghe.
E se ti dovesse capitare di incontrarle, mi raccomando, stringi nella mano destra il pollice tra l’indice e il medio. E’ l’unica maniera per scongiurare il malocchio. Mi raccomando, sii ubbidiente ! Ed ora vai pure a giocare “.
Tuttavia Rino, che era curioso, dimenticandosi delle prediche dei genitori, un giorno si spinse fin sull’uscio della casupola per sbirciare dentro.
Malauguratamente si dimenticò dello scongiuro e d’improvviso si sentì strano, diverso, con un odio oscuro e profondo nell’animo. La cattiveria gli stava crescendo dentro  come una marea.
Non sapendo più governare il suo corpo, Rino scappò via in una corsa bestiale e spericolata.
Nella fuga prese a calci un povero gatto, che si trovava incolpevole sul suo cammino, e colpì con un sasso uno scoiattolo.
Poi si lanciò come un forsennato verso la boscaglia più fitta dove nessuno osava spingersi.
Da quel giorno infausto, Rino non fece più ritorno in paese; alcuni raccontavano di averlo visto aggirarsi con espressione feroce tra le montagne sopra il borgo.
Altri di averlo sentito ululare come un lupo rabbioso.
Altri ancora dissero che aveva spaventato a morte un gregge di pecore, finito poi in un dirupo.
Insomma, ne combinava una più del diavolo e nessuno era riuscito ad avvicinarlo e a domarlo.
I genitori disperati, si misero a cercarlo e a chiamarlo dappertutto. Ma Rino pareva sordo  a quei richiami. Anzi, un giorno l’anziano padre  lo avvisò e si mise a rincorrerlo, chiamandolo con quanto fiato aveva in corpo. Ma il figlio, per tutta risposta, allungò il passo e scappò via veloce gridandogli dietro ingiurie e insulti.
La madre del fanciullo non si dava pace. Aveva il cuore gonfio di dolore. Bussava di qua e di la chiedendo consigli alle comari del villaggio ed alle altre donne anziane.
Alla fine, la levatrice le diete un suggerimento: “Cara amica mia. Vedo come sei disperata. Forse un rimedio c’è per salvare il tuo Rino. Devi recuperare i vestiti indossati da tuo figlio e bruciarli.
Vedrai che il malocchio, la malasorte svaniranno. Altro non so dirti, prova e vai con Dio!”
La povera donna, che non aveva  nulla da perdere, decise di ubbidire a quanto le era stato consigliato.
La mattina seguente, con alcuni capi di biancheria che ancora profumavano di bucato, andò nel luogo dove le avevano raccontato che il figlio era stato di recente avvistato.
Si mise a chiamarlo con voce dolce e supplichevole, spiegandogli che gli avrebbe lasciato sotto la vecchia quercia gli indumenti puliti, che si cambiasse pure, lei sarebbe tornata il giorno dopo a ritirare i vestiti sporchi. E così fece.
Una volta venuta in possesso degli abiti di Rino, che erano ormai un mucchio di stracci sporchi e lisi per il lungo tempo trascorso dal figlio come un selvaggio nei boschi, li bruciò nel focolare.
Dalla brace si levarono lingue di fuoco enormi e minacciose, intorno si sparse un nauseante odore di zolfo, mentre una voce cavernosa risuonò nella casa con parole incomprensibili, facendo rabbrividire la povera donna.
Ma lei non si fece intimorire e continuò a bruciare gli abiti come le era stato raccomandato. Poi quando le fiamme si smorzarono fino a sparire del tutto, raccolse diligentemente le ceneri, si portò in località Picolùt, la lanciò in una forra detta “da lis striis”, delle streghe.
Inoltre,  piena di speranza, riprese la strada verso casa.
La povera donna aveva fatto alcuni passi, quando vide Rino che, con l’espressione di un tempo, le corse sorridente incontro, tuffò il viso nel suo seno e tra le lacrime e i singhiozzi disse ripetutamente: “Mamma, mamma, ti ho ritrovato” ! Rino era guarito.




http://www.panoramio.com/


http://www.panoramio.com/

www.voltois.it


www.voltois.it


Queste due leggende le ho lette nel blog di Libera e dopo il permesso concessomi, le ho postate anche sul mio blog.



8 commenti:

Tomaso ha detto...

Cara Rosetta, è bello sentire delle leggende, io a dirti il vero non ho mai creduto del malocchio credo che chi è fissato nel credere alla fine è vittima di se stesso.
Ciao e buona serata, aggiungo sono veramente belle le foto.
Tomaso

Rosetta ha detto...

Caro Tomaso, neppure io credo al malocchio ... queste sono leggende vecchie come Matusalemme, ma quello che mi piace è che il male viene sempre sopraffatto dal bene e la vita continua a scorrere felice.
Buona serata amico mio !
Mandi

pastaenonsolo.it ha detto...

A me è capitato di essere scaramantica per determinate cose, però il malocchio lo considero come un modo per non ammettere le nostre debolezze, le nostre incapacità. Le foto sono in realtà delle bellissime cartoline. Ciao.

Rosetta ha detto...

Hai ragione Giovanna, un tempo non esisteva l'istruzione di oggi e quindi la gente credeva a queste cose.
Buona giornata
Mandi

Anonimo ha detto...

Che bello Rosetta, allora ti anticipo quella che scriverò prossimamente (Il povero e l'orco)
Le leggende, come le favole, hanno sempre una bella morale che, al giorno d'oggi, andrebbe "rinfrescata". Un abbraccio Mandoso :-D

Rosetta ha detto...

Bravissima Libera, e hai ragione
" hanno sempre una bella morale che, al giorno d'oggi, andrebbero rinfrescate molto spesso "
Qui tempo balordo, spero che da te ci sia un pò di sole.
Buona giornata
Mandi

Anonimo ha detto...

Rosetta, niente sole, c'era solo ieri nei momenti in cui fotografavo e avrei voluto nuvolo :-D ♥

Rosetta ha detto...

Chissà perchè non si riesce mai a trovare la giusta misura ...
Cara Libera, anche il tempo è tiranno.
Ormai buona serata
Mandi